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Il 'Coronavirus', la manipolazione e la somministrazione degli alimenti
Alimentazione e i Microrganismi Patogeni
Si sente parlare in questi giorni di prevenzione e 'quarantena' per questo virus che ha creato una epidemia a livello mondiale.
Premetto che non sono un medico, ma da tecnologo, tengo a ribadire che come da sempre evidenziamo durante i corsi per sulla sicurezza alimentare, che l'igiene delle persone e degli ambienti è l'unica via per evitare la diffusione di questa tipologia di microrganismo.
I virus trasmessi attraverso la manipolazione degli alimenti possono essere anche più pericolosi del Coronavirus, per esempio Epatite A e B.
Per tutti gli addetti delle aziende alimentari e della ristorazione questo momento storico deve insegnare una volta in più, quanto il loro comportamento possa creare disagi ai propri clienti e/o colleghi-dipendenti. La formazione sempre e comunque.
Le 'semplici' pratiche per chi è a contatto con gli alimenti sono sempre le medesime:
- lavarsi spesso le mani durante le lavorazioni;
- tenere puliti e ordinati gli ambienti di lavoro;
- sanificare ambienti e attrezzatura secondo quanto previsto dal piano di autocontrollo HACCP;
- rispettare la catena del freddo e la conservazione degli alimenti;
- pulire i bagni spesso e gli spogliatoi;
- non usare abiti civili nelle zone di produzione;
- in caso di alimenti a rischio aprire le Non Conformità e isolare gli alimenti sospetti.
Il cibo è fonte di principi nutritivi essenziali alla nostra vita, ma possono essere se contaminati, veicolo di trasmissione di patologie di varia natura.
Dalle tante notizie che sentiamo dai media, una su tutte dice che probabilmente tutto è nato da un mercato o luogo dove si commercializzava e somministrava alimenti. Se questo fosse vero queste poche righe acquistano un significato 'doppio'.
Restiamo a disposizione come consulenti a dare informazioni su manipolazione, sanificazione e procedure corrette per chi produce, somministra e vende alimenti.
info@studiofavaroconsulenze.it
Dott. Giacomo Favaro
La formazione nella ristorazione moderna
La ristorazione moderna ha sempre maggiore necessità di formazione del personale, in 'primis' nel reparto sala.
Possiamo trovare tutte le scuse possibili ma nelle aziende che offrono servizi alle persone l'interazione tra ospite e operatore non può mai essere lasciata al caso.
Ogni giorno ci chiedono di formare i camerieri del futuro, ma poi alla fine le scuse per non farlo sono sempre le stesse:
- la formazione costa troppo;
- non ho tempo di spostare e/o 'fermare' il personale;
- è inutile formare il personale tanto prima o dopo andrà via....
Serve la consapevolezza che le 'risorse umane' si devono considerare sempre come delle' risorse' da gestire e non come un 'semplice' costo da contenere, altrimenti le cose non potranno cambiare mai.
- Il costo della formazione è sempre un investimento.
- Il cameriere è lo specchio dell'azienda e il primo venditore.
Per fare in modo che le azienda abbiano margini soddisfacenti attraverso un controllo dei costi e una migliore performance dei ricavi bisogna formare.....formare....formare!!!
Il mondo è pieno di scuole di formazione pubbliche e private oltre a consulenti di tutti i tipi, bisogna capire quali sono i bisogni di formazione della propria azienda e scegliere in quale direzione investire tempo e denaro.
Il costo del lavoro in Italia è alto, ma questo vale per tutti, anche per le aziende di successo. Quindi bisogna mettere a budget anche la formazione, con piani pluriennali e consapevolezza che, più le persone saranno formate più saranno un 'plus' per l'azienda.
Le figure classiche stanno scomparendo (maitre), oggi i ruoli sono più liquidi e meno 'ingessati' al modello di Escoffier e Ritz.
Una riflessione deve anche essere di carattere più generale sui CCNL del settore che oggi sono 'anacronistici'. L'Italia è l'unico paese dell'occidente dove esiste in turno spezzato e i compensi sono parametrati ad altre figure del turismo che nulla hanno a che vedere come impegno di tempo e vita ai lavoratori della ristorazione. Se non si pensa a portare maggiori tutele e benefit a chi investe 'tutto' il tempo della propria vita nel lavoro 'l'emorragia' di personale si aggraverà sempre di più. Le nuove generazioni si allontanano da questa attività anche per colpa della politica contrattuale ferma agli anni '80.
Solo che si è 'sporcato le mani' e ha vissuto la ristorazione del prima e del dopo potrà trasferire competenze alle nuove generazioni e consapevolezza alle aziende dell'importanza della ristorazione nel nostro paese..........#Masterchef a parte!!
Giacomo Favaro
"RevPash" (Revenue Per Available Seat Hour) guadagnare al ristorante con i coperti
Nella gestione dei ristoranti un obiettivo prioritario è mantenere alta la redditività dell’attività e i conseguenti benefici. Una delle risorse per la gestione dei ristoranti su cui possiamo maggiormente contare è il RevPash anche detto Restaurant Revenue Management ovvero “un processo che mira a vendere la giusta unità di inventario (in questo caso il posto-coperto) al giusto cliente, al momento giusto, per la giusta durata”. Si tratta di un sistema pensato per trarre il massimo rendimento da ciascun coperto del ristorante in tutti i servizi e le fasce orarie. Nel dettaglio RevPash sta per l’inglese: “Revenue Per Available Seat Hour” e misura il reddito/beneficio di ogni posto disponibile a una determinata ora. Il che significa che attraverso alcuni calcoli si può definire che posto assegnare a ciascun cliente per un certo tempo, al fine produrre i migliori benefici per il ristorante.
Qual è il momento ideale per calcolare il RevPash?
Nella gestione dei ristoranti è sempre raccomandabile utilizzare il RevPash, che diventa assolutamente indispensabile quando il ristorante ha una clientela stabile e un’elevata occupazione. Gestisci le prenotazioni del tuo ristorante attraverso un software per la gestione delle prenotazioni. Questa è la descrizione di un ristorante che è pronto a trarre il massimo profitto da ciascun cliente.
Di cosa hai bisogno per calcolare il RevPash del ristorante?
E’ ideale avere un quadro dell’ occupazione della sala per ciascun servizio, dove le sedute e i tavoli possono essere gestiti in modo strategico per approfittare dello spazio in modo corretto. Nella gestione dei ristoranti risulta molto pratico farlo attraverso una pianta digitale della sala che assegna in automatico le prenotazioni ai tavoli.
Come si calcola il RevPash?
Attraverso questa formula che permette di calcolare l’ingresso per ciascun posto a sedere:

Un esempio potrebbe essere: un ristorante realizza 400 € dalle 20:00 alle 21:00 e ha 25 posti a sedere disponibili quindi il costo medio di ciascun commensale durante questa ora vale 16 €.

Comunque i modelli di vendita di un ristorante variano a seconda del turno, del giorno, della settimana o del mese, quindi per ottenere risultati più precisi, si consiglia di calcolare il RevPash non per ora, ma per turni, giorni, settimane e mesi. Prendiamo l’esempio di un ristorante che fa 6500 € nel turno del pranzo tra le 12:00 e le 16:00 (5 ore) e conta 40 coperti disponibili. Per calcolare il RevPash di questo turno moltiplichiamo il numero di coperti per il numero di ore.
Come usare i risultati del RevPash nella gestione dei ristoranti?
Come abbiamo già anticipato, il RevPash aiuta a ottenere il massimo da ciascun coperto in ciascun momento. Al contempo aiuta a definire i prezzi corretti dei piatti e la durata ottimale di ciascun servizio:
- Stabilire un metodo per ricevere e servire i tuoi clienti nel giusto tempo;
- Ottimizzare il menù e la collocazione strategica dei piatti;
- Gestire le preferenze di ciascun cliente per offrire il prodotto perfetto e per pianificare gli ordini delle materie prime;
- Attuare strategie per migliorare i processi che stanno producendo perdite;
- Proporre eventi speciali o cavalcare tendenze gastronomiche (per esempio essere dogfriendly o proporre menù salutari) per aumentare gli introiti per coperto di tutti i tuoi servizi.
Come vedi, il RevPash è un metodo molto valido per gestire i ristoranti e permette di conoscere le entrate effettive, migliorare i turni che stanno generando perdite e prendere decisioni di breve, medio e lungo periodo.
Stay Tuned!
Cos'è il Food Porn e perché piace tanto alla gente postare foto delle proprie ricette?
Un’irresistibile tentazione, un inestinguibile piacere: il Food Porn non è una nuova pratica sessuale e neppure un genere di film erotici con il cibo come protagonista. O meglio, l’erotismo c’è e il cibo protagonista pure, ma in un contesto diverso: quello dell’esibizione della cosa che, almeno a noi italiani, piace (quasi) più di ogni cosa: il cibo. E piace anche all’estero.
È una nuova mania erotica?... In realtà è una storia vecchia…
Il termine è stato usato per la prima volta dalla critica Rosalind Cowards nel 1984 e si riferisce al desiderio di presentare un piatto creato a regola d’arte e questo desiderio affonda le proprie radici in rituali antichi come la cerimonia del tè, in cui ogni gesto e, non solo il risultato finale, deve essere perfetto.
Ma presto questo desiderio di perfezione Zen è stato fagocitato dalle grandi compagnie del food che hanno trasformato il food-porn in un’orgia del cibo, presentando trionfi di grasso, panna e crema come se piovessero, trasformando un concetto elevato in una continua e monomaniaca ricerca dell’eccesso.
Tanto che il termine per molti anni è stato sinonimo di junk food da infarto fulminante.
Ma oggi il food porn è andato oltre sublimando in una delle tante nevrosi moderne, è un fenomeno incontenibile, sospinto dal frenetico uso dei social, dove ogni ogni essere dotato si smartphone e pollice opponibile può fotografare l’hamburger che mangia per pranzo e poi postarlo su Instagram, Twitter o Facebook bullandosi.
È un modo per riempire il proprio vuoto interiore con le creazioni dei grandi chef, un inconscio desiderio di morte in stile la Grande Abbuffata?
Un veicolo pubblicitario per creare desideri inconsulti che ci spingono a viaggiare da un desco all’altro?
Non è un caso che siano nati social network o aggregatori di notizie appositamente pensati per postare foto di ricette e piatti pronti a essere gustati. Inutile stare a puntare il dito: un bel piatto ricco fotografato piace a tutti, anche ai detrattori del Food Porn, solo che denigrarlo è cool, fa tendenza, perché si va controcorrente. Forse è solo quell’etichetta che infastidisce e brutalizza: il Food Porn è sempre esistito, ma un tempo si trovava nei libri di ricette.
Food Porn: quell’irresistibile peccato che ti prende alla gola e agli occhi..
C’è chi afferma che la leggenda dice che il cibo possa essere mangiato senza essere prima fotografato. Eppure c’è della sessualità nel cibo, c’è un’estetica nella preparazione di una particolare ricetta, c’è un godimento sensuale e appagante nell’ammirare la foto di un piatto su un libro o su una pagina web. Basta fare un salto su Foodgawker.com per farsi prendere la gola, ma soprattutto gli occhi. Tra semplici (ma neppure troppo) insalatine, strati di torta al cioccolato contornati da more, pomodori ripieni di gamberi e cous cous, ricche macedonie e zuppette esotiche, c’è solo l’imbarazzo della scelta nel decidere quale piatto cominciare a preparare per la cena.
Dite la verità, solo a leggere il paragrafo sopra vi è venuta fame?
Figuratevi allora se vedete le foto. La stessa cosa la potete fare su Tastespotting.com, altro sito geniale che raccoglie foto e immagini di piatti deliziosi arricchiti da brevi descrizioni e link ai blog di appartenenza. Anche qui potete trovare piatti semplicissimi e più ricercati, tra mini-hamburger, budini di mango, ravioli di zucchine o semplici paste pomodoro e mozzarella.
La conoscete tutti la frase “Solo a guardarlo ho già lo stomaco pieno”, no?
Ecco, questa è un’affermazione emblematica di come il cibo possa essere un piacere non solo per le nostre papille gustative, ma anche per gli occhi. Una goduria visiva che si metta in risalto sotto l’aspetto estetico e che allo stesso tempo dia una scossa al cervello per risvegliare il palato. Emerge nell’utente osservatore sia la voglia di fare quel piatto, di poter plasmare con le proprie mani quella ghiotta creazione, sia naturalmente la volontà di assaggiarlo, di mangiarlo. Più un piatto è ben fatto, più viene la voglia di mangiarlo, anche se su quel piatto troviamo una semplice pasta alla carbonara.
L’importante è la disposizione..
.. l’alta cucina lavora così, fa mangiare con gli occhi, prima che con la bocca. Il Food Porn è l’alta cucina (a volte proprio non riuscitissima) applicata a livello democratico: che sia un cocktail preparato con dovizia di particolari, un sandwich vegetariano o un gelato artigianale, l’utente viene spinto da una pulsione irrefrenabile: il desiderio. Una pulsione che è simile a quella che si prova nel vedere una bella donna o guardare un uomo prestante. La sessualità del cibo sta così nella sua ricercatezza, nel suo esotismo, nel rendere bella la semplicità. E ovviamente nella possibilità di sognare il possesso di quel piatto, di ricrearlo e infine di gustarlo.
Aprile 2019
La nostra cucina......la storia e l’evoluzione dei gusti nei secoli!
Dal Medioevo ai giorni nostri per riscoprirne i fautori…
Dai ricettari che ci hanno lasciato i cuochi del passato, possiamo dedurre come fossero: l’alimentazione, i gusti e la tavola dei nostri antenati, almeno di quelli che risalgono più o meno al ‘300.
E’ opinione comune che la cucina medievale fosse rozza e poco raffinata; che si riversasse sugli alimenti un quantitativo enorme di spezie per coprirne l’odore e il sapore di avariato; che le persone si cibassero esclusivamente di carni arrostite su grandi fuochi, magari troppo sanguinolente o ridotte a dei pezzi di carbone…Ma non è così…
Per la cucina tardo medievale..
..mangiare era una ricerca costante di sapori, colori, abbinamenti, il tutto finalizzato a dare il massimo piacere possibile. Un’arte che richiedeva molta dedizione e inventiva; sapori inconsueti come la delicatezza del latte di mandorle o dell’acqua di rose, la forza dell’agrodolce e il fascino esotico di spezie oggi dimenticate.
Fra i condimenti quello preferito era senz’altro il trinomio cacio (un formaggio assimilabile al nostro Parmigiano), zucchero e cannella, e fra gli animali c’era una predilezione per i quadrupedi e i volatili, spesso presenti sulle tavole rivestiti della loro pelle o del loro piumaggio, decorati d’oro e riempiti di animali più piccoli vivi come fossero ‘gustose matriosche’.
Dai ricettari dei grandi cuochi del passato (di cui abbiamo spesso solo alcune indicazioni vaghe circa le quantità e i tempi di cottura) mancavano alcuni alimenti oggi molto comuni come il pomodoro, la patata, il peperoncino, il mais, il caffé perché sono di origine americana e l’America, si sa, non era stata ancora scoperta.
Per essere dei bravi cuochi bisognava innanzitutto seguire il più possibile le stagioni (consiglio valido ancor oggi..), acquistando prodotti freschi e di qualità e ricordandosi di seguire anche i dettami della Chiesa: mangiare di magro il mercoledì, il venerdì e il sabato, le vigilie delle festività e durante la Quaresima, il che significava sostituire la carne con il pesce, i grassi animali con quelli vegetali, il latte animale con il latte di mandorle.
Tutte queste notizie storiche si riferiscono naturalmente alla cucina delle classi aristocratiche; infatti il popolo non affidava le proprie ricette e il loro modo di cucinare alla scrittura (evidentemente l’analfabetismo era dilagante).
E’ molto interessante sottolineare che già all’epoca esistevano quattro metodi di conservazione:
- aria: essiccazione;
- sale: salatura;
- fumo: affumicazione;
- ghiaccio: congelamento.
Le innovazioni di queste tecniche, però, si avranno solo tra il XVIII e il XIX secolo con Càreme.
Il regime alimentare nell'Italia antica
Sappiamo che nel regime alimentare del nostro territorio (cioè di quella terra che si sarebbe chiamata Italia) fondamentali erano i cereali, per tutte le classi sociali, e la loro conservazione fu sempre un urgente problema di sopravvivenza. Essi potevano esser immagazzinati sotto forma di chicchi interi o già macinati in farina, ma era necessario evitare, per i chicchi, la germinazione intempestiva e in ogni caso che la presenza di microrganismi e muffe ne compromettesse la commestibilità: perciò era diffusa la loro essiccazione al sole e all’aria o addirittura venivano tostati per essere usati tutto l’anno.
Il servizio nei palazzi dei Papi
Le notizie riguardanti i cuochi e il servizio svolto da gli “scalchi” (servi di Papi e Vescovi), vengono ricavate dalla letteratura gastronomica, dai conti delle spese delle case e delle corti, e dalle testimonianze di feste e banchetti principalmente ricavate dal personale al servizio dei Papi a Roma e Venezia: è questo il primo approccio documentaristico.
Il limite di una biografia costruita con documenti contabili e menù sta, tuttavia, nell’assenza della viva voce degli interessati, di un percorso che renda conto dei molteplici aspetti della formazione del cuoco, del cortigiano e dello scrittore.
Quali ragioni spingano ad abbracciare tale arte? Come la si perfeziona e quale importanza hanno i libri di cucina? Queste domande non trovano risposte nei documenti contabili e nemmeno nelle ricette.
L'inizio delle ricette del 1600
I ricettari stessi, così come la raccolta dei menù, sono il risultato di uno sforzo collettivo, cui partecipano non solo i subordinati, ma anche coloro che sono ai vertici della corte, con un bagaglio culturale che lo “scalco” non sempre possiede. Tali sono i confini all’interno dei quali si muove una ricerca biografica che è tuttora agli albori.
L’eccezione ci è fornita da un documento scoperto negli anni ’80. Si tratta della autobiografia di A. Latini autore dello “Scalco moderno” a partire da un manoscritto della biblioteca comunale di Fabriano, redatto da fra’ Francesco M. Nicolini. Essa racconta una vita avventurosa del 1690 dove, però, il racconto della ‘tavola’ aveva un ruolo secondario. A. Latini orfano a cinque anni vaga per le Marche mendicando pane e alloggio. Servo per necessità fin dalla più tenera età tenta la fortuna migrando a Roma ormai sedicenne.
Nella casa del cardinale A. Barberini esercita mansioni di cuoco, cameriere, guardarobiere; impara a tirar di spada e trincia all’occorrenza alla tavola di Sua Eminenza. Prima di diventare “scalco” occupa diversi ruoli in una casa patrizia, quindi piccole funzioni amministrative; scelta la propria strada, esercita in diverse città marchigiane fino ad arrivare a Napoli presso il reggente Carrillo.
Dopo il 1690, anno in cui termina il racconto, Latini pubblica “Lo scalco alla moderna” e gli viene conferito il cavalierato dello Speron d’oro. Muore nel 1696.
Nell’autobiografia sono assenti menù e ricette, ma si capisce come all’epoca un tirocinio presso una grande casa risulta fondamentale per svolgere l’arte del servizio, imparando da autodidatti, come fece Latini, a leggere e a scrivere in quella scuola di cerimonie, arti, espedienti che era una grande casa romana.
Questa biografia ne ricorda, per certi aspetti, un’altra a distanza di tempo, quella di Pellegrino Artusi, anch’essa scritta da uomo affermato, anch’essa silenziosa sulla gastronomia e prodiga di informazioni sulla famiglia, la crescita del commercio, le idee politiche e le frequentazioni di un provinciale della metà dell’800.
La cucina del 1800
Durante questo secolo si sviluppano due opposte “filosofie” nel pensare la cucina:
- la prima era quella francese che vedeva protagonista un giovane cuoco, Antoine Careme, che teorizzava una cucina che riassumeva in sé il massimo della voluttà e ricercatezza; in questo contesto il piatto doveva essere presentato in maniera sontuosa e accompagnato da raffinate architetture classiche ; Carème voleva mantenere i fasti e il lusso del passato e secondo lui il cibarsi consentiva di marcare l’affermazione di una classe sociale;
- la seconda era, appunto la filosofia italiana che si contrapponeva a quellafrancese di Careme.
Pellegrino Artusi nel 1892 pubblica un vero e proprio manuale della cucina italiana : “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”. Artusi nacque a Forlìmpopoli (Forlì) nel 1820. Nel 1852 si trasferisce a Firenze e dopo aver avuto successo con delle attività commerciali, diventò banchiere, ma la sua vera passione era la letteratura, infatti nel 1878 scrisse e pubblicò, ma con poco successo, una biografia del Foscolo, “note al Carme dei Sepolcri” e successivamente “Osservazioni in appendice a 30 lettere di Giusti” (poeta italiano).
La filosofia di Artusi
“Due sono le funzioni principali della vita: la nutrizione e la procreazione della specie”, questo è ciò che pensava Artusi; dal 1871 al 1891, per vent’anni, egli raccolse le ricette di tutte le cucine regionali, mescolò assieme sapori, reciprocamente esotici, la polenta e la pasta con le sarde. In questo senso P.Artusi contribuì anche sotto il profilo ‘squisitamente’ gastronomico ad unificare l’Italia.
“Strappando le vivande ai loro luoghi d’origine, disponendole in bell’ordine in un’unica classificazione per generi, egli eseguì l’operazione preliminare della nascita di una cucina nazionale. Trascriveva le tradizioni gastronomiche locali in un unico codice, un corpus, un catalogo... e così egli invase il centro donnesco, materno dell’incoscio italiano” (Giorgio Manganelli).
Nel 1931 le edizioni di “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” erano giunte a quota 32 e l’”Artusi” (ormai il libro veniva chiamato con il nome del suo autore) era uno dei libri più letti dagli italiani, insieme a “I promessi sposi” e “Pinocchio”.
Il volume, ancora oggi, conta un gran numero di edizioni e una vastissima diffusione, raccoglie 790 ricette, dai brodi ai liquori, passando attraverso minestre, antipasti (anzi ‘principii’), secondi e dolci... E ricordiamo che il “Brunch” fu inventato dall’Artusi e da lui inizialmente chiamato “Colazioni alla forchetta”.
Ma non sarà certamente la cucina povera e semplice, teorizzata dall’Artusi, che in quel momento si diffonderà nelle famiglie nobili e nei primi grandi alberghi di lusso nati in Europa, ma persisterà ricevendo, probabilmente solo ai giorni nostri, il giusto interesse grazie alla ripresa che ne fa Giuseppe Cipriani che l’ha resa famosa nel mondo.
La tecnica e l'organizzazione di Escoffier
In questo stesso periodo storico assistiamo in Francia ad una riorganizzazione totale della cucina messa in atto dallo chef Escoffier; è questo il grande momento della cucina internazionale che sintetizza in sé raffinatezza e genuinità.
George Auguste Escoffier nasce nel 1846 a Villenevue Laubet, nella regione della Provenza. Già all’età di 13 anni inizia a lavorare presso il ristorante di uno zio a Nizza; sentiva di avere la vocazione dell’artista, ma il suo destino sarà diverso… lavorò duramente, dovendosi occupare anche di selezionare e comprare le provviste e organizzandosi quanto meglio poteva nel servizio. Escoffier ricordò sempre con gratitudine la precisa disciplina e severità con cui era stato educato in quel periodo dallo zio.
All’età di 19 anni andò a lavorare al ristorante “Le Petit Moulin Rouge”, il più elegante di Parigi, ma nel 1870 viene chiamato alle armi per partecipare alla guerra Franco-Prussiana come cuoco. Fu in questa situazione che per la prima volta uscì il ‘genio’ di Escoffier: infatti nei giorni dell’assedio egli capì la necessità di preparare cibo in scatola e così fu il primo chef a studiare accuratamente la tecnica per conservare in scatola carne, verdure e zuppe.
Ritornato dalla guerra, Escoffier lavorò in numerosi ristoranti e nel 1878 ebbe l’opportunità di gestire prima il ristorante “Maison Chevet” (specializzato soprattutto per grandi cene e banchetti ufficiali) dell’albergo “Palais Royal” e poi la “Maison Maire” assieme Monsieur Paillard (quest’ultimo è proprio quello che diede il nome alla famosa battuta di vitello, appunto la ‘paillard’).
Escoffier veniva ritenuto un’autorità e godeva di una grandissima fama.
Egli scrisse molti libri di culinaria e tra i più famosi possiamo ricordare:
- 1886 “Le traite sur l’art de travailler les fleurs en cire”;
- 1903 “Le guide culinaire” (5000 tra ricette e contorni);
- 1911 “Le carnet d’Epicure”;
- 1912 “Le livre des Menus”;
- 1927 “Le riz”;
- 1929 “La morne”;
- 1934 “Ma cuisine”.
Tutti questi libri ebbero un grande successo.
Escoffier apportò notevoli cambiamenti anche nella presentazione dei suoi piatti; la sua preoccupazione primaria era quella di offrire tutti i confort e privilegi possibili ai suoi clienti: qualsiasi particolare doveva essere curato, dalla più fine porcellana, all’argenteria, alla scelta della biancheria fino alla linea dei bicchieri, tutto questo esaltato da cibo e vino superbo.
Nel 1898 inaugura il Carlton Hotel di Londra, dove Escoffier in cucina aveva sotto il suo controllo 60 cuochi ma la organizzò in maniera tale che potè garantire il servizio per un menù “à la carte”, pratica introdotta per la prima volta in un ristorante d’albergo (che poteva tra l’altro ospitare anche 500 coperti per servizio).
Egli morì nel 1935, pochi giorni dopo la sua adorata moglie, nella sua casa, Villa Fernand che venne trasformata in un museo di arte culinaria nel 1966; l’imperatore Guglielmo 2° rimase così impressionato dalla sua bravura e ingegno che gli disse: “Io sono l’imperatore della Germania, ma tu sei l’imperatore degli chefs”.
Il personaggio che sfida la sfarzosa e ostentata cucina di Escoffier, per riproporre ciò che era stato già teorizzato dall’Artusi, cioè una cucina semplice, povera ma estremamente genuina ed elegante del 1900, è Giuseppe Cipriani.
Nel 1931, dopo aver lavorato in tanti alberghi di lusso ed evolvendo nella sua carriera, Cipriani, che in quel momento era barman all’hotel Europa di Venezia, decise di affittare un magazzino per aprire un nuovo locale, in società con uno dei suoi clienti dell’albergo, Harry Pickering, da cui appunto l’’Harry’s Bar’ prende il nome.
Nasce così la leggenda del bar più famoso del mondo, tanto che nel 2001 il ministero dei beni culturali ha deciso di sottoporlo a vincolo monumentale: Ernest Emingway, Arturo Toscanini, Guglielmo Marconi, Charlie Chaplin, Orson Wells, Peggy Geggenheim, erano solo pochi dei tanti frequentatori illustri.
L’Harry’s Bar non è solo bar, ma è soprattutto ristorante che propone una cucina che utilizza materie prime disponibili in stagione e di alta qualità e che, nella manipolazione culinaria, non altera il sapore originale del prodotto, e tutto ciò completato da un servizio in sala squisito.
Il piatto principalmente rappresentativo inventato da Giuseppe Cipriani è sicuramente il ‘Carpaccio’...
.. alla contessa veneziana Amalia Nani Mocerigo, abituale cliente del prestigioso locale, il medico aveva ordinato una dieta rigorosa a base di carne cruda. Desiderando pertanto renderle più gradevole la monotona mensa quotidiana, Cipriani pensò di presentarle un piatto di filetto di manzo affettato molto sottilmente e spruzzato con della salsa maionese, insaporita con senape e con salsa Worchestershire…e poiché in quei giorni a Venezia si faceva un gran parlare della mostra del Carpaccio e il colore della pietanza ricordava certi caratteristici colori rossi e gialli dell’artista, Cipriani pensò di chiamare “Carpaccio” il nuovo ed estroso piatto.
La sfida con la cucina nobile e dei grandi alberghi, Giuseppe Cipriani la vinse: la clientela apprezzava questo nuovo modo di cucinare e mangiare, è la vera ‘buona cucina’ ancora oggi tanto desiderata e mai fuori ‘moda’.A metà del ‘900, ci troviamo di fronte ancora una volta a due modelli di cucina, quella regionale, ereditata dall’Artusi e fatta propria dal Cipriani, e quella internazionale derivata dalle direttive dettate da Escoffier.
A sconvolgere la scena negli anni ’60 è lo chef francese Paul Bocuse
Egli codifica alcune regole che determinano la nascita della ‘Nouvelle cousine’: la presentazione dei cibi avviene in maniera coreografica e in un piatto molto grande rispetto alla pietanza di cui si riducono le dosi, le cotture si abbreviano con conseguente integrità del cibo, la creatività e la fantasia personale dello chef acquista un’importanza fondamentale. I piatti della nouvelle cousine sono vere e proprie opere d’arte, perché si accostano colori e sapori insoliti e sconosciuti tra loro, una vera delizia per gli occhi ma è una bellezza che non sazia anche lo stomaco; infatti, già negli anni ’90, sfuma questa nuova ‘moda culinaria’ a cui ne seguiranno molte altre ma di minor entità.
Il più importante seguace italiano di Bocuse, anche se con un’interpretazione creativa propria, è Gualtiero Marchesi. Il piatto divenuto famoso di questo chef, per la sua ‘preziosità’, è il risotto allo zafferano su cui viene adagiata sopra una foglia d’oro 24 carati. Uno chef contemporaneo che attinge alcuni aspetti dalla cucina regionale ed altri dalla cucina più innovativa di Bocuse, è Gianfranco Vissani.
…Per percorrere i secoli della nostra cucina attraverso il loro sapore…
Fino circa al 1000 vi è mancanza di testi scritti riguardanti la cucina; le notizie sull’alimentazione, che giungono sino a noi, di quell’epoca sono estrapolate, per vie traverse, dagli scritti delle abbazie che prescrivevano le regole nei giorni di magro e le eccezioni permesse nei giorni di grasso.
Le prime vere e proprie ricette vengono scritte solo dal 1200 (sempre provenienti dai monasteri) ma il problema di questi scritti è la loro comprensione, chiara solo agli addetti ai lavori dell’epoca! Inoltre mancava la terminologia adeguata per riferirsi, ad esempio, alle misurazioni delle dosi o alle temperature…così per riprodurre una ricetta del 1300 bisogna prima tradurre e poi provare e riprovare assaggiando!
Di seguito riporto la ricetta dell’ ‘Agliata’, (una specie di crema di aglio che poteva accompagnare le carni), scritta da un cuoco veneziano del 1300;riporto di seguito la ricetta in lingua originale…
“Agliata a ogni carne, toy l’aglio e coxilo sotto la braxa, poi pestalo bene e mitili aglio crudo, e una molena de pan, e specie dolce, e brodo; e maxena ogni cosa insema e fala un pocho bolire e dala chalda.”
Propongo ora una ricetta tratta dall’ ‘Opera’, libro che Bartolomeo Scappi pubblicò a Venezia nel 1570; si tratta di una minestra di mele.
Le preparazioni con la frutta sono di origine molto antica, infatti già dall’epoca romana le loro creme erano molto in auge; la frutta era assai usata anche nel Medioevo per farcire carni o paste o, appunto, per le minestre.
Riportiamo la ricetta, anche questa in lingua originale…
“Mondasi le mele appia, spartasi in quattro parti, sopra il tutto sia ben netta in quel sodo che è di dentro, e subito acciò non perda il colore, e sapore, pongasi in un vaso di terra overo di rame con tanta acqua chiara che lo cuopra di tre dita di vantaggio, e zuccaro fino à bastanza, e come ha levato il bollo, mettasi un rametto di finocchio dolce secco, e facciasi cuocere, e non vogliono meno di tre hore di cuocitura, perché vogliono bollire pian piano”.
una poesia che un ammiratore inviò ad Artusi per elogiarlo del suo libro ‘La scienza in cucina’ (1891);
la introdurrò con le parole scritte dallo stesso autore:
“Non per farmene bello, ma per divertire il lettore ed appagare il desiderio di un incognito, che si firma ‘un ammiratore’, pubblico la seguente lettera giuntami il 14 luglio 1906, da Portoferraio, mentre stavo correggendo in questo punto, (era arrivato a correggere il ricettario ai dolci), le bozze di stampa della decima edizione.”
“…Ecco i versi:
Della salute è questo breviario, / L’apoteosi è qui di papilla:
L’uom mercè sua può viver centenario / Centellando la vita a stilla a stilla.
Il solo gaudio uman (gli altri son giuochi) / Dio lo commise alla virtù dé cuochi;
Onde sé stesso ogni infelice accusi / Che non ha in casa il libro dell’Artusi;
E dieci volte un asino si chiami / Se a mente non ne sa tutti i dettami.
Un Ammiratore”
Arriviamo agli inizi del 1900
..periodo di grandi rivoluzioni politiche, sociali e culturali e quindi…anche culinarie! Uno dei movimenti rivoluzionari che non ha cambiato la cucina italiana, ma che sicuramente ha contribuito a ‘svegliarla e svecchiarla’, è il futurismo; se nel 1909 Filippo Tommaso Martinetti fonda il movimento sancendolo con un Manifesto, nel 1930 lo stesso Marinetti e Fillìa scrissero ‘Il Manifesto della Cucina Futurista’, dove si afferma che l’uomo edens deve alimentarsi con “nuovissime vivande in cui l’esperienza, l’intelligenza e la fantasia sostituiscano economicamente la quantità, la banalità, la ripetizione”…insomma essi avevano indovinato che ci sarebbe stato un problema di obesità e che bisognava imparare a mangiare porzioni più ridotte ma di sicuro la loro cucina e le loro ricette erano più che altro opere provocatorie che cibi commestibili…
Il menù futurista
‘Antipasto Intuitivo’: “cestini scavati nella buccia dell’arancio e ricolmi di salame di autentico porco e sott’aceti Cirio, il tutto trafitto da piccoli bastoni di grissini”; la novità sta nel sputarsi addosso delle olive che contengono dei bigliettini con dei messaggi da leggere a voce alta.
Siccome ritenevano che la pastasciutta fosse “passatista perché appesantisce”, sostituirono il ‘Tuttoriso’ (considerato anche più patriottico perché non era necessario importare il grano straniero molto costoso); il riso veniva condito con vino caldo legato con fecola e birra calda, rosso d’uovo e parmigiano.
Come secondo il ‘Carneplastico’: una grande polpetta cilindrica di carne di vitello arrostita, ripiena di undici qualità diverse di verdure cotte; alla base un anello di salsiccia che poggia su tre sfere dorate di carne di pollo (come faceva a stare in piedi?).
Il dolce, ‘Mammelle italiane al sole’, è formato da “due mezze sfere colme di pasta candita di mandorle; nel centrodi ognuna si appoggia una fragola fresca. Indi si versa nel vassoio zabaione e zone di panna montata. Si può cospargere il tutto di pepe forte e guarnire con peperoncini rossi”
Tutto ciò accompagnato da vini, birra e spumanti prettamente italiani!
Celiachia sindrome reale o 'trend' del nostro tempo?
198.427 celiaci in Italia, 5000 in più rispetto allo scorso anno. Due terzi dei casi diagnosticati appartengono alla popolazione femminile, […]
Due terzi dei casi diagnosticati appartengono alla popolazione femminile, ma la cosa più grave è che sono circa 400.000 gli individui affetti da tale patologia ignari però del problema.La definizione di ‘Celiachia’ come intolleranza può apparire riduttiva, in quanto è stato riconosciuto come una vera e propria malattia con possibile cronicizzazione che la rende invalidante.
La celiachia è un enteropatia infiammatoria permanente che a lungo andare può causare nel soggetto che ne è affetto gravi problemi, come per esempio l’infertilità, o mettere a rischio la gravidanza nei 2/3 di celiaci che sono appunto donne.
MODA O REALE PROBLEMA?
La celiachia appare agli occhi degli osservatori come una battaglia su due fronti, da una parte ci sono i malcapitati che devono rinunciare forzatamente all’assunzione di glutine e rivedere permanentemente la dieta, pena gravi compromissioni gastrointestinali, dall’altra chi non si sottopone ai testi specifici e che si fa seguire da medici e nutristi improvvisati privandosi di tutti i farinacei contenenti glutine nella speranza che questo regime apporti benefici alla dieta soprattutto in relazione ad una netta perdita di peso.
L’eliminazione del glutine comporta infatti l’aggiunta negli alimenti in questione di zuccheri o conservanti o di sostituti grassi che permettano a livello organolettico una resa del prodotto simile a quella standard.
Nessuna diminuzione calorica quindi, anzi!
L’incremento dei casi reali però è evidente e questo è dovuto al fatto che la maggiore consapevolezzadell’individuo nei confronti dell’alimentazione è reale e cresce di anno in anno, e così cresce il numero di individui che si sottopone agli adeguati esami del sangue.
A testimonianza della veridicità dell’incremento drastico del numero dei celiaci in Italia, vi sono i provvedimenti presi a livello sanitario statale che prevedono il sostentamento dei soggetti affetti tramite una fornitura mensile di prodotti senza glutine che rappresentano ad oggi l’unica soluzione possibile per contrastare questa ‘malattia’.
Sì, perché dietro al danno si cela anche la beffa : i prodotti senza glutine sono estremamente cari.Quindi -‘falsi celiaci‘- pensateci bene prima di autoprescrivervi una dieta senza glutine che oltre che al vostro organismo farà male anche al vostro portafogli.
IL BUSINESS DEI CIBI ‘SENZA TUTTO’ (FREEM FROM)
Guidato da un’ortoressia diffusa, ovvero da una sindrome nervosa caratterizzata dall’ossessione di un’alimentazione sana che spinge ad eliminare gruppi di cibi essenziali per una dieta equilibrata, è cresciuto esponenzialmente il mercato dei cibi cosiddetti ‘senza tutto’, tra cui anche quelli senza glutine.Nello specifico, per i prodotti per celiaci si spendono circa 320 milioni di euro l’anno di cui solo 215 derivano da alimenti erogati per la terapia di pazienti realmente affetti da tale patologia.
La ristorazione deve valutare con attenzione questo 'mercato' cercando di anticipare le aspettative con offerte in linea con la propria filosofia di business.
L'analisi sensoriale a servizio del marketing ristorativo
La matrice alimentare è quella che più è stata influenzata dall’Analisi Sensoriale.
Se si parla di alimenti sorge spontaneo chiedersi se degustazione e Analisi Sensoriale sono sinonimi. La differenza sostanziale è che la degustazione valuta se un prodotto piace mentre per l’analisi sensoriale entra in gioco il concetto di descrizione e soprattutto di misurazione, che richiede il soddisfacimento di tre parametri fondamentali al quale ogni tipo di test deve adeguarsi:
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Affidabilità: è la valutazione della misura in cui un test restituisce una visione corretta della realtà.
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Attendibilità: è la valutazione statistica delle probabilità che si hanno gli stessi risultati o risultati simili ripetendo il test mille volte.
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Esaustività: è la misurazione di quanto un test restituisce la realtà nella sua completezza e con quale definizione.
La sperimentazione
Test Panel
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un test a descrizione libera dove gli unici vincoli dati ai giudici sono rappresentati dalle fasi canoniche di valutazione (visiva, uditiva, tattile/gustativa e retrolfattiva) e dal rispetto di una scala d’intensità da 0 a 9.
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un test descrittivo ad alta utilità informativa che genera profili quantitativi ed edonici su più livelli originando quindi veri e propri ritratti. L’informazione portata è competa con il test di ordinamento dei campioni, delle correlazione tra i descrittori e dell’indicazione dei generatori edonici.
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un test che analizza la dimensione emozionale del prodotto, scomponendola secondo un metodo che lavora per analogia e ricostruendo in pratica le motivazioni emotive al consumo al non consumo legate al prodotto in sé (Figura 2-3).

Come migliorare le vendite nel tuo ristorante con il 'marketing esperenziale'
Si sente spesso parlare di turismo esperenziale ma cosa significa questo concetto se portato alla ristorazione?
L'offerta di strutture ristorative non è mai stata così ampia e differenziata. nuovi concetti e nuovi brand si sono messi in gioco, rispondendo alla grande richiesta dei sempre più numerosi avventori. La modalità di pranzare fuori casa ha subito moltissimi cambiamenti nel corso degli ultimi anni. Sempre più ristoratori provano ad offrire un'esperienza unica ai propri ospiti. Ma come ci si può differenziare e offrire l'esperienza giusta per attirare più clienti e magari fidelizzarli?
Diamo il benvenuto all'epoca del marketing esperienziale!
L'esperienza del tuo ospite inizia ancora prima di uscire di casa! Possiamo dire che prenotare un ristorante per una cena con amici, parenti o per lavoro e quindi scegliere la location, documentandosi su forum, blog ect. fanno di per sè parte dell'esperienzialità dell'evento. Infatti è proprio questa la fase in cui devi giocare le tue carti migliori. Impara a suscitare l'interesse del tuo futuro ospite quando ancora sta cercando la meta per il suo evento. I tuoi contenuti on line (sito,foto,pagine social, blog, recensioni....) costituiscono la vetrina perfetta per la tua attività ed è ciò che i clienti consultano prima di prenotare da te. Prendiamo per esempio la generazione Y, ovvero tutti gli individui nati tra gli anni '80 e '90, comunemente chiamati anche Millenials. Oggi si stima che il 70% dei tuoi clienti siano probabilmente questi. Per catturare la loro attenzione, concentrati su una esperenzialità mirata. Il 72% dà priorità all'eperienza che un ristorante offre piuttosto che una cucina 'stellare'. Inoltre si stima che l'86% dei millenias tragga ispirazione proprio dai contenuti che trova on line.
Approfitta dei Social network
Essi ti consentono di mettere in evidenza la tua attività tramite post, foto, video per distinguerti il più possibile dai tuoi competitor, quindi non pubblicare solo le foto della sala vuota. Posta gli eventi come le cene a tema, le feste, i concerti, le degustazioni nella cantina o altro ancora, questa è l'occasione perfetta per generare contenuti media che ti permettono di dimostrare che non vendi solo 'cibo', ma che offri una esperienza unica ai tuoi ospiti! Poichè i clienti stessi stanno operando in questo senso, postando le foto e i video su Facebook o Instagram. Non esitare a interagire con loro e persino condividere e ripostare i loro contenuti nelle tue pagine. In questo modo creerai engagement e farai contenti i tuoi clienti. Una volta ottenuto l'interesse del tuo cliente grazie alle tue abili tecniche di marketing esperenziale, devi accompagnarlo durante tutto il suo momento di 'convivio'.
Rendi l'esperienza del tuo ospite unicamente personale
Ora che il tuo cliente è arrivato, come ci si deve comportare? Cosa bisogna fare per rendere la sua esperienza indimenticabile? Come fare per fidelizzarlo e ottenere un ottimo feedback? La personalizzazione e l'identificazione con determinati valori del tuo brand sono di per sè due fattori in grado di creare marketing esperenziale. Non credere che offrire una esperienza unica sia prerogativa dei ristoranti 'stellati' o di lusso. Molti locali 'alla moda' dimostrano ogni giorno che anche loro possono essere originali e pianificare strategie di marketing esperenziale molto interessanti. Il cliente esperenziale è un ospite alla continua ricerca di esperienze uniche e memorabili da condividere con i propri amici on line e off line. Un cliente che vuole scorpire il territorio, la sua cultura e le tradizioni. A seconda del target che vuoi attirare, puoi farlo organizzando degustazioni, corsi di cucina con partner o produttori locali. Come vedi hai molte opzioni per rendere il tuo locale accogliente e non essere solo un venditore di 'cibo'. Devi sorprendere il cliente in ogni momento della sua presenza a 'casa tua'.
L'esperienza continua anche dopo che il cliente se ne andato
Complimenti! Sei riuscito ad attirare il cliente nel tuo risorante, la sua esperienza è stata magnifica ma lui è andato via. Il tuo cliente sta già condividendo le foto sul suo profilo social, ha espresso la sua soddisfazione. Questo tipo di cliente costituisce una ottima occasione di creare del buzz (ovvero il passaparola) intorno al tuo locale. Hai trovato il tuo brand ambassador, un ospite soddisfatto della sua esperienza. Quindi devi incoraggiarlo a lasciare una opinione a riguardo. Le recensioni riflettono l'esperienza dei tuoi clienti e di sottolineare che la loro esperienza è stata unica. Sollecitare i tuoi ospiti a scrivere una recensione così non solo beneficerai di una opinione positiva sul tuo sito, ma continuerai a costruire questa relazione personale con l'ospite. L'invio di una mail personalizzata dimostra il tuo interesse a rimanere in contatto con loro e a conoscere il loro parere sulla cucina e sul servizio, per aiutarti anche a migliorare.
In bocca al lupo!
La storia della COMPAGNIA ITALIANA DEI GRANDI ALBERGHI (CIGA Hotels) Parte 1
1.Il Lido di Venezia
La Compagnia Italiana dei Grandi Alberghi (CIGA) è il frutto di un processo in cui i servizi turistico-alberghieri veneziani avevano già avuto la possibilità di definirsi meglio che in altri luoghi della penisola. La zona del Lido, fin dalla seconda metà del XIX secolo, ha vissuto la trasformazione di una limitata porzione di territorio insulare largamente programmata, in cui il ruolo dell’impresa ricettiva è stato determinante.
1857: l’imprenditore Giovanni Busetto inaugura sulla striscia di terra del Lido un centro balneare turistico- terapeutico. Il terreno, confinante con la spiaggia, presenta un edificio in legno articolato in tre corpi principali: uno centrale e due laterali, che separano uomini e donne. L’investimento pensato dall’Imprenditore si connotò per la sua triplice valenza messa a disposizione sia dei veneziani, sia dei forestieri: curativa, sportiva e sociale.
- Innovazione: viene costruita una strada tra lo Stabilimento balneario e piazza Santa Maria Elisabetta, l’approdo per chi veniva da Venezia;
- Rinnovamento: nel 1859 lo Stabilimento balneario viene abbattuto per essere ricostruito con successivi;
- Passaggio di società: nel 1872 lo Stabilimento viene rilevato da una nuova società costituita dall’imprenditore Adolfo Genovesi, comproprietario del Danieli e di altri alberghi: la Società Civile Bagni Lido. L’imprenditoria privata assume ben presto un ruolo centrale nello sviluppo.
Lo Stabilimento aperto in quest’anno è diviso in due parti: per signori e per signore con famiglia.
- Innovazione: elemento chiave per imprimere una svolta al Lido è l’introduzione della capanna, ossia una vera e propria casetta in cui trascorrere piacevolmente un’intera giornata.
- Obiettivi e strategie: L’azione dei privati fu finalizzata allo sfruttamento turistico delle risorse naturali dell’Isola ottenuto utilizzando una serie di nuove opere: di urbanizzazione, capanne per bagni di mare, di sole e di sabbia, Il Lido estivo, però, fino dagli anni ’80 del XIX secolo, si connota per la sua valenza di ruolo di richiamo balneare-curativo ma anche decisamente sociale.
- Passaggio di società: nel 1899 la Società Civile Bagni Lido si trasforma in Società Anonima Commerciale Bagni di Lido, conservando come scopo principale la gestione degli stabilimenti balneari e la partecipazione in imprese interessate alla crescita della stazione.Nel suo complesso, la prima fase dello sviluppo turistico del Lido vede impegnato un solo attore: l’imprenditore privato, prima con il Busetto e poi con il Genovesi. Le ampie trasformazioni subite dal Lido, però, portano al coinvolgimento dell’attore pubblico, intenzionato ad intervenire giocando il ruolo di regolatore e coordinatore delle iniziative private.
- Strategia: l’iniziativa privata indirizza gli investimenti verso l’edilizia, specialmente villette e alberghi e strutture ricreative, al fine di fare del Lido una destinazione turistica elitaria di richiamo internazionale. Viene così inserito l’indispensabile valore aggiunto che mancava.
Il Grand Hôtel
2. Grand Hôtel des Bains: il simbolo di una raffinata aristocrazia.
Grand Hôtel des Bains: essendo il primo stabilimento di lusso edificato sull’Isola, si assume, più del Grand Hôtel Lido aperto nello stesso anno, il compito di far fare il decisivo salto di qualità verso l’esclusività alla stazione climatica, contribuendo così a proiettarla tra le destinazioni internazionali di maggior prestigio e richiamo. Nel 1899, l’Anonima Commerciale Bagni di Lido, vinte le restrizioni che consentivano di occupare la spiaggia solo con strutture di legno facilmente rimovibili, dà inizio alla costruzione dell’Hôtel Des Bains. La struttura è moderna, strutturata in quattro piani in stile rinascimentale francese.
Il pubblico è formato in prevalenza dall’aristocrazia e dall’alta borghesia mitteleuropea.
Ristrutturazione: nel 1906 l’albergo viene ampliato con l’annessione di una palazzina esterna. Ma perseguire l’eleganza non è solo ambizione del Des Bains: la spiaggia si eleva a palcoscenico di rango per l’arte sottile della mondanità e dell’interazione sociale. In questa piccola isola della Laguna si riuniscono lo spirito d’impresa, l’attrazione di investimenti bancari nel settore balneare-terapeutico, ricettivo e dell’edilizia, l’attenzione ai modelli di eccellenza presenti in Europa e il ruolo positivo svolto dall’ente pubblico.
3. La nascita della Compagni Italiana dei Grandi Alberghi
1905: entra in scena forse il più forte competitor dell’Anonima Commerciale Bagni di Lido: la CIGA.
A Milano, gli imprenditori Nicolò Spada e Massimo Guetta stipularono l’Atto costitutivo davanti alla Banca Commerciale Italiana e al barone Alberto Treves dei Bonfili. A Spada e Guetta vengono conferiti tutti i poteri concorrenti per la gestione dell’azienda sociale, con facoltà di usare l’uno indipendentemente dall’altro la firma sociale. Inoltre, detengono la facoltà di nominare, sospendere, revocare gli impiegati della Società e di determinare le attribuzioni e gli stipendi.
Al Consiglio spetta l’approvazione di tali decisioni e di determinare la durata del loro mandato e tutte le relative condizioni ai termini della Costituzione.
La nuova società si presenta subito come una grande impresa sostenuta da capitali bancari. Inoltre, dal punto di vista gestionale, la CIGA si affidò subito sia ad una dirigenza professionale, sia alla collaborazione di personale dipendente, staccandosi così nettamente dal modello di impresa familiare dell’epoca preponderante sul settore.
- Acquisizione di nuovi segmenti di domanda: la CIGA si pone come obiettivo di intercettare segmenti di domanda elitaria in prevalenza straniera, al fine di incrementare il turismo estero a
- L’oggetto sociale della Società comprende tutto ciò che riguarda gli stabili (alberghi, ristoranti, case di cura, luoghi di spettacolo, ), il sistema dei trasporti circolante intorno alle strutture, le industrie e le forniture necessarie all’attività di ristorazione. Inoltre, la Società assume o dà partecipazioni alle industrie che abbiano attinenza con gli stranieri. Infine, si pone come obiettivo di contrastare la formazione di società aventi oggetti uguali o affini a sé.
- Amministrazione della Società:
- Consiglio: 5-15 membri che durano in carica quattro anni, sono rieleggibili e si rinnovano ai termini del Codice di commercio;
- Direzione generale: 2 o più membri che vengono nominati dal Consiglio di amministrazione e possono far parte del Consiglio stesso;
- Consiglio sindacale: 5 sindaci effettivi e 2 supplenti che durano in carica circa un Sono rieleggibili.
Fase di avviamento: nei primi anni di attività (1906-1914), CIGA agisce con una strategia volta soprattutto al consolidamento. Nei settant’anni presi in considerazione, l’impegno maggiore sarà quello di adeguare continuamente i vari alberghi, con interventi di restauro e miglioramento.
Comunque, fin dai primi anni di attività, la strategia imprenditoriale mira chiaramente: ad attrarre membri dell’alta società internazionale; a sfruttare le risorse climatiche e balneari in chiave terapeutica e mondana; a sfruttare il forte richiamo esercitato dalla Serenissima
4. Una fondamentale acquisizione: The Venice Hotels Limited
Nel 1906, con il rogito Cassanello, la CIGA subentra in tutte le proprietà e gli esercizi della The Venice Hotels Limited, una società londinese che era stata molto attiva sul mercato immobiliare veneziano ma che, entrata in crisi, viene proposta per la liquidazione dal suo stesso presidente.
Di particolare interesse risulta allora l’elenco dei beni stabili della Compagnia, in ciascuno dei quali sono compresi i mobili. La CIGA fin dal momento della fondazione, conta sull’apporto determinante del capitale finanziario derivante dalle sue strettissime relazioni con il mondo bancario. Possiede, inoltre, un particolare interesse per intessere una rete di relazioni con società controllate che, prima di essere incorporate nella CIGA, contribuiscono così a definire rapidamente il livello dell’offerta proposta dal nuovo attore: un valore in crescita, sia sul mercato turistico-ricettivo di Venezia che su quello nazionale, destinato però ad internazionalizzarsi rapidamente.
L’offerta sulla quale incidono i costi è rigida nel breve-medio periodo in quanto il numero delle camere non può essere velocemente modificato per adeguarsi ai mutamenti della domanda e raggiungere l’obiettivo principale: la saturazione della capacità ricettiva della struttura.
Tra le variabili che influenzano il livello di domanda possiamo considerare:
- La stagionalità
- I giorni della settimana
- La presenza di eventi/festività particolari
- Le condizioni climatiche
- I fattori politici, sociali e economici
Il prodotto base dell’industria ricettiva si concentra attorno al prodotto-camera caratterizzato da un’alta deperibilità, non potendo essere trasferito rapidamente nel tempo e nello spazio: una camera non venduta è un ricavo perso per sempre.
L’ospitalità è un prodotto che necessita di essere ben differenziato. La gestione dell’impresa ricettiva è costantemente chiamata a prevedere le aspettative dei clienti per poter soddisfare le richieste della domanda.
Ciò che consente di aumentare il tasso di occupazione si può riassumere in:
-
- Adozione di metodi di gestione aggiornati;
- Capacità di promuovere efficacemente sul mercato i servizi offerti;
- Presenza di una cultura imprenditoriale dinamica e motivata: stimola poi la creazione di occasioni utili a far cresce oltre il numero di pernottamenti, anche la loro durata e la redditività dei servizi alberghieri accessori.
5. La prima assemblea sociale della CIGA:
- Strategie di sviluppo interno: incremento dimensionale e qualitativo delle strutture iniziali;
- Strategie di sviluppo esterno: acquisizione di altri alberghi, ma anche di immobili di altra natura ottenuti mediante l’incorporazione di altre società.
I dati di riferimento:
- Crescita dimensionale dell’impresa per beneficiare dei vantaggi gestionali derivanti dall’economia di scala;
- Continua riqualificazione dell’offerta ricettiva frutto dell’attenzione alle trasformazioni del mercato;
- Aumento del raggio d’azione. (In realtà, la CIGA si orienterà poi non tanto sulle distanze, rimaste concentrate sull’ottica italiana con forte prevalenza del centro e del nord, quanto sulla rilevanza qualitativa e simbolica delle strutture stesse).
In questo momento così favorevole, la Compagnia si identifica quindi con un’icona dell’ospitalità non solo veneziana: il Royal Danieli.
- È parte di Palazzo Dandolo, edificio costruito per il Doge Enrico Dandolo alla fine del ‘300;
- Giuseppe Dal Niel, detto Danieli, nel 1824, intravede nell’edificio notevoli potenzialità che lo spingono ad acquistare progressivamente l’intero Alla sua morte, le vicende del Danieli si intrecciano con quelle familiari dei discendenti del Dal Niel. I proprietari decidono poi di affidare l’unità alberghiera a due imprenditori capaci: Adolfo Genovesi e Stefano Campi. La loro gestione porta rapidamente all’aumento della capacità ricettiva ottenuta affittando case, appartamenti, negozi ubicati in modo attiguo all’albergo;
- Vengono operate costanti allargamenti allo scopo di dare organicità ad una struttura ricettiva ormai caratterizzata da comodità, atmosfera e
- Cessazione dell’Anonima Bagni di Lido: tornando alla CIGA, essa cavalca l’onda ascendente dei forestieri per ingrandire il A questo punto, gli interessi della CIGA mirano con decisione al Lido, quella che in pochi anni è diventata un’elegante spiaggia internazionale. Per farlo, però, correva eliminare l’ostacolo rappresentato dalla presenza dell’Anonima Commerciale Bagni di Lido, la società che controlla le spiagge. Spada, servendosi di consulenze legali, riesce a bloccare la trattativa privata, ormai in corso, con il Governo. La concessione divenne così oggetto di un’asta pubblica, che nel 1907, la CIGA riesce ad aggiudicarsi.
Persa la concessione, l’Anonima Bagni di Lido va in liquidazione e sparisce, mentre la CIGA ne assorbe le proprietà, tra cui anche il Des Bains.
Una volta demolito il vecchio Stabilimento balneare, la Compagnia lo sostituisce con uno più funzionale ed adatto al programma di espansione ideato.
- Risorse finanziarie: le risorse messe a disposizione dalla sede veneziana della Banca Commerciale Italiana grazie al sostegno del banchiere Giuseppe Toepliz creano una nuova realtà portatrice di ricchezza e sviluppo.
6. L’Excelsior Palace Hôtel al Lido di Venezia
Nella visione di Spada, l’albergo è pensato per diventare un centro di vita autonomo con un proprio porto, propri battelli, una spiaggia riservata, propri parchi e con tutti i servizi, compreso un istituto kinesiterapico, che la clientela avrebbe potuto richiedere. Sicuramente il percorso realizzato, a livello imprenditoriale, nasce come il frutto dello stretto rapporto tra la struttura aziendale, l’albergo e la destinazione.
- Obiettivo: far sorgere una nuova città al Lido in grado di richiamare flussi di turismo internazionale elitario
- Strategia: si decide di sviluppare al meglio i classici capisaldi della balneazione: il Kursaal e lo stabilimento kinesiterapico, idroterapico ed elettroterapico. à
- Acquisizione: una parte dell’albergo accoglie il Kursaal, presto definito come il ritrovo estivo più aristocratico d’Italia; il pian terreno dell’albergo, invece, accoglie il moderno Stabilimento kinesiterapico (una sorta di Spa in cui confluiscono tutte le cure idroterapiche; più tardi, viene ideata un’artistica costruzione cinese che viene eretta sul mare a un centinaio di metri dalla spiaggia del Palazzo È una costruzione di 500-600 metri quadrati destinata esclusivamente a coloro che si trovano nel bagno: una barchetta unisce la nuova costruzione alla sponda.
Capacità imprenditoriali di Spada:
- Attenta capacità di osservazione e studio degli esempi di eccellenza;
- Conoscenza diretta dei Paesi dei quali attrarre i flussi di turisti in modo da attuare un valido sistema di propaganda studiato per assicurare ad ognuno dei flussi un periodo adatto per soggiornare nel Lido;
- Attenzione alla qualità dell’offerta;
- Interesse per il Lido da parte della stampa
Attraverso una capillare opera di comunicazione, Spada riesce ad allungare la stagione da maggio a metà ottobre.
Continua......................?
Accenni sul Menù Engineering e sulla Psicologia di Vendita nel Food & Beverage
Cos'è il Menù Engineering?
La materia legata al Menù Engineering (ME) è raramente usata nella Ristorazione Italiana e forse anche per questo che molte aziende subiscono le contrazioni economiche generate dalle nuove tendenze.
Le tecniche ed i concetti legati al ME possono essere utilizzati per perseguire i risultati desiderati nel proprio settore del Food & Beverage.
I concetti legati all’ingegneria, applicati al menù di un ristorante, è stato sviluppato da Smith e Kasavana intorno al 1982 perseguendo l’esigenza di una metodologia di analisi che potesse valutare e monitorare le performance della singola referenza di vendita nel menù.
Nello specifico consiste nello strutturare un approccio utile a costruire e monitorare il movimento, la scelta e la frequenza di vendita delle voci di menù (che chiameremo referenze o articoli) nei ristoranti.
Per classificare le voci di menù, nel metodo di Smith e Kasavana, si utilizzano principalmente due misure chiavi e cioè: la contribuzione e la popolarità.
La contribuzione può essere definita come margine lordo ed è la somma di denaro ricevuto dalla vendita di quella specifica voce di menù.
Il Margine di contribuzione, viene scorporato dal prezzo sottraendo il full cost, cioè il costo totale di produzione di vendita.
D'altra parte, la popolarità definisce il numero di vendite degli articoli in un determinato periodo rispetto ad altri articoli di vendita.
Le voci di menù sono classificati in quattro gruppi principali in base al loro contributo e la popolarità, come mostrato nella figura seguente:
Delineano un'area suddivisa in 4 parti denominate:
- Cash cow (sono mucche da mungere) in questo quadrante si posizionano i piatti con un'alta popolarita (+) e un basso margine di profitto (-);
- Stars, ovvero grandi stelle, un'area destinata ai piatti che hanno un'alta popolarità (+) e un alto margine di profitto (+);
- Dogs, cani, con piatti caratterizzati da una bassa popolarita (-) e un basso margine di profitto (-)
- Question mark "punto di domanda", sono i piatti-incognita, che hanno una bassa popolarità (-) e un alto margine di profitto (+).
Ma vediamoli nello specifico:
- Piatti Stella o Star.
- Rank Menù Mix: Alto
- Rank Margine di contribuzione: Alto.
Questi piatti sono letteralmente grandi stelle. Vendono bene (MM Rank = alto), e restituiscono un buon profitto (CM Rank = alto).
Le voci di menù con questa classifica non devono essere toccati mai per tutto il loro ciclo di vita. La classifica di 'Star', per una voce di menù, indica che è stato raggiunto lo 'sweet spot' (punto dolce) tra la popolarità e il prezzo per quel particolare articolo.
Eventuali aumenti dei prezzi potrebbero incontrare resistenza da parte di acquirenti e abbassare le vendite unitarie totali facendo precipitare il Rank alto.
- Piatti Question Mark o incognite.
- Rank Menù Mix: Basso
- Rank Margine di contribuzione: Alto.
Queste voci di menù non si vendono in grandi quantità
(MM Rank = bassa), ma fanno realizzare un profitto relativamente elevato (CM Rank = alto).
In alcuni casi può essere necessario promuovere questi elementi fino alla classifica superiore di “Star”, magari regolando i prezzi a ribasso o promuovendone le caratteristiche, le specifiche ed i vantaggi derivati dal consumo.
- Cash cow o mucca da mungere.
- Rank Menù Mix: Alto
- Rank Margine di contribuzione: basso.
Queste referenze di menù sono stazionarie e molto popolari
(MM Rank = alto), ma purtroppo non saranno loro la nostra fortuna economica (CM Rank = basso).
Eventuali aumenti dei prezzi per questi elementi possono migliorare la singola redditività e il margine di Contribuzione, ma questo può anche avere l'effetto di riduzione delle vendite complessive ( Rank MM).
Per migliorare questi elementi vale la pena sperimentare non solo con il prezzo ma anche le quantità delle porzioni e la manovra del Food Cost attraverso la DB complessa, per migliorare ed ottimizzare la redditività, ma facendo attenzione a non intaccarne la popolarità.
- Dog o cani randagi.
- Rank Menù Mix: Basso
- Rank Margine di contribuzione: basso.
Queste referenze di menù vengono chiamati “artisti poveri”.
Non si vendono bene (MM Rank = basso), e non danno molto profitto rispetto ai loro coetanei question mark (CM Rank = basso).
Tutte le voci di menù in questa classifica non necessariamente devono essere considerati da eliminare, infatti la presenza di un cane potrebbe spingere un altro piatto verso la posizione di stella. Solitamente il MM di questi piatti peggiora fino al collasso.
Come andremo ad utilizzare il menù Engineering
Nei ristoranti come nelle mense e nelle caffetterie viene utilizzato per determinare quali alimenti sono comuni tra i consumatori.
Identificando i prodotti più comuni si permette alla gestione di ordinare e preparare quantità adeguate alla soddisfazione ed all’esigenza del cliente, evitando carenze di prodotti alimentari e quindi possibili mancate vendite.
Il concetto è applicabile anche in quelle aziende che vogliono stimolare l'interesse dei clienti in cibi e “target specifici”, come per esempio i cibi biologici.
Questi articoli sono posizionati strategicamente all’interno delle pagine e delle righe del menù e sono scritti e presentati al cliente in modo attraente. Individuate determinate posizioni e termini persuasivi, per spingere determinate vendite non è sempre necessario offrirli ad un prezzo accessibile.In passato questo metodo è stato utilizzato per promuovere un'alimentazione sana tra gli studenti di alcuni college universitari americani. Alimenti non salutari e ad alto contenuto calorico sono posizionati e descritti in modo da non attrarre la giusta attenzione, ed in questo caso l’aggiunta dell’aumento del prezzo ne scoraggiava ampiamente il consumo.
In ambienti professionali ME viene arricchito di ulteriori analisi. Per esempio, l'analisi di elementi come la popolarità, il periodo di consumo, la stagionalità, danno un notevolmente supporto ai Restaurant Manager per la costruzione degli standard operativi per la preparazione degli alimenti, degli acquisti e dei riordini.
Oltre alla valutazione delle “performance” delle vendite e ad analizzare il comportamento del food cost e dei prezzi nel mercato di riferimento, il menù Engineering trova utilizzo anche come strumento per il monitoraggio del fabbisogno finanziario dell’azienda.Una volta attivato il ME, il ristoratore in questione può decidere cosa fare con le singole voci di menù. Avendo a disposizione tutte le informazioni utili come il costo, la popolarità, il prezzo di vendita, é possibile determinare quali elementi sono da mantenere e quali da rimuovere dal menù del ristorante.
Qual è il vantaggio nell’adottare il menù Engineering?
Aumentare il profitto lordo medio: ingegneria del Menù viene utilizzata per aumentare il profitto lordo medio per cliente. Questo lo si ottiene attraverso l'analisi dei margini di contribuzione oggetto primario per i profitti dell'azienda.
Con l’aiuto della Contabilità Analitica, il prezzo dell’articolo viene impostato rispetto al reale costo di produzione , realizzando quindi un profitto lordo su ogni vendita.
Analisi Articolo: E 'anche usato per analizzare le voci del menù a supporto del processo decisionale del management. Il ME consente di determinare quali elementi dovrebbero essere rimossi, aggiunti o riposizionati nel menù. Viene utilizzato è usato per perseguire l’aumento dei risultati finanziari, riducendo il costo delle derrate e delle bevande.
L’analisi è usata per avviare vendite promozione utili a promuovere e aumentare le vendite di quei prodotti non popolari. Questo perché il concetto consente l'identificazione di elementi popolari e non. L’analisi delle vendite del personale connessi a programmi di promozione o budget, sono utili per determinare la produttività dei singoli membri dello staff e quindi di conseguenza i dati saranno di supporto anche al reparto delle risorse umane per i vari processi decisionale legati al personale di vendita.
Un altro vantaggio del ME comprende l'analisi dei prezzi legati alle singole voci di menù. Utile quindi alla monitoraggio delle performance legate alle tendenze ed agli stili alimentari nel corso del tempo.
Il Menù Engineering a 360°
Tipicamente l’obiettivo del ME è quello di massimizzare la redditività di un'impresa incoraggiando inconsciamente i clienti ad acquistare ciò che loro desiderano acquistare, e scoraggiare l'acquisto di oggetti che loro non desiderano acquistare.
I campi di studio che contribuiscono maggiormente alla progettazione di un menù sono:
Psicologia (percezione, attenzione, emozioni, causa-effetto, 5 sensi, PNL, persuasione-ipnosi)
Contabilità Gestionale(margine di contribuzione e di analisi costo unitario)
Restaurant Marketing(pricing, promotion, vendita, upselling, targeting, copywriting, )
Graphic Design(layout, tipografia, sezione aurea, cromatologia, neuromarketing)
Psicologia del menù
La psicologia del menù, applicata durante la progettazione, utilizza il layout e il formato del l’impaginazione per richiamare l'attenzione a particolari voci di menù che il ristorante prepara al meglio e che magari vuole vendere più di altre voci.
I motivi possono essere differenti: la redditività, controllo della media delle vendite, facilità di preparazione, o perché il elemento è una specialità del ristorante (Piatto firma).
Il concetto di psicologia legata al menù è stato acquisito dalle tecniche di presentazione dei prodotti e di merchandising.
Tecniche usate per la diffusione dei generi alimentari al dettaglio e nei grandi magazzini durante l'impostazione degli espositori o delle vetrine.L'obiettivo è quello di ottenere che l’acquirente si fermi a guardare e toccare, aumentando la probabilità di acquisto.Se usato correttamente, la psicologia del menù aiuta il ristorante a realizzare più vendite, meno costi e maggiori profitti rispetto ad un ristoratore che ha progettato un menu senza tali tecniche.
Queste tecniche comprendono dimensioni distintive dei font e e degli stili, l'integrazione di grafica specifica, illustrazioni e schermi con punti matrice che attraggono lo sguardo come dei magneti.
Il menù diventa uno strumento di marketing per produrre un “menù mix” di vendita altamente prevedibile che, se confrontato con il numero di clienti previsti, consentirà una maggiore accuratezza negli acquisti e nelle preparazioni di alimenti deperibili. Il suo scopo primario è quello di rendere alcune voci di menù più evidenti, aumentando così le probabilità che le voci presenti nel menù saranno ordinati con maggiore frequenza rispetto a quelli non evidenziato in nessun modo. Percezione e attenzione - La percezione visiva è legata indissolubilmente a come i clienti leggono un menù. La maggior parte dei menù vengono presentati visivamente (anche se molti ristoranti ancora oggi espongono verbalmente la lista delle specialità del giorno), e la maggior parte dei sistemi utilizzati nella redazione di un menù si concentrano su come aumentare l'attenzione del cliente, organizzando strategicamente le pagine del menù in categorie, posizionando gli elementi, oggetto dell’attenzione, all'interno delle stesse categorie.
Il ragionamento legato a questo sistema deriva dall'effetto conosciuto in psicologia come effetto della posizione seriale.
Tale effetto evidenzia l'esistenza di schemi mentali volti a organizzare in maniera efficace ricordi e conoscenze e volti a facilitare e guidare la rievocazione del materiale memorizzato.
Secondo questo schema si presume che i clienti sono predisposti a ricordare le prime e ultime cose che vedono in un menù- da qui l’aggiunta di punti di break ideati con piccoli disegni o ghirigori all’inizio e la fine di ogni sequenza di lettura o categoria di prodotti (esempio antipasti caldi).
Tale sequenza non deve superare un numero di 6 informazioni (6 piatti) .
La percezione del cliente riposta negli articoli proposti in un menù può anche essere influenzata dalla manipolazioni sottile del testo.
Ad esempio, la struttura descrittiva di alcune voci di menù, con l’utilizzo delle tecniche di copywriting possono produrre effetti positivi, che porta alla soddisfazione del cliente e ad una più alto valore percepito del prodotto. Allo stesso modo, la presenza del segno dell’Euro può causare nel clienti lo stimolo a spendere meno.
Contabilità gestionale
L'obiettivo primario del ME è quello di incoraggiare l'acquisto di articoli mirati, presumibilmente le voci più redditizie, e per scoraggiare l'acquisto degli alimenti meno redditizi.
A tal fine, le imprese di ristorazione devono prima individuare il costo di ogni voce elencata nel menù.
Questo modello di analisi deve essere esteso a tutti gli elementi elencati nel menù, rispecchiando tutti i costi sostenuti per la produzione ed il servizio di vendita.
Come abbiamo visto negli esercizi di relativi alla Distinta Complessa, per l’individuazione dei costi di un articolo di vendita è necessario determinare i costi in modo ottimale.
Dopo che il costo ed il prezzo di un articolo sono stati determinati, la valutazione della redditività di un elemento si basa sulla voce del Margine di contribuzione.
Il margine di contribuzione è calcolato come gia sai, sottraendo il costo totale unitario di produzione al prezzo dell’articolo.
L’Ingegneria del Menù poi si concentra sulla massimizzazione del margine di contribuzione.