#covid19
Dopo il covid si riparte dalla cucina: brunch delivery e km zero
Ospitalità, cura della cucina e percorsi gastronomici (anche a casa), apertura alla comunità locale sono le iniziative messe in campo da molte catene alberghiere per attrarre turisti offrendo esperienze nel rispetto di salute e sicurezza.
Nella fase post emergenza Covid, l’albergo ripensa i propri spazi e allarga l’orizzonte dei servizi con idee innovative che potranno dar luogo, anche in futuro, a nuovi concept. È in particolare nel ramo food & beverage che si dispiegano gli spunti più interessanti.
L’obiettivo di Ibis, brand del Gruppo Accor, è quello di offrire ai viaggiatori e ai residenti locali un’esperienza nuova, che si concentra sull’ospitalità, sull’apertura alla comunità locale e su una maggiore interazione sociale.
Il marchio ha sviluppato nuove offerte dedicate alla ristorazione che vanno a completare la customer experience, così il bar diventa il fulcro degli hotel.
Via al Delivery
Il Gruppo Rocco Forte, che in alcune location ha portato avanti i suoi progetti di orto “in casa” e di produzione propria di alimenti come l’olio e gli agrumi in regime biologico, ha introdotto alcune novità. .
Per gli hotel di città, invece, stiamo immaginando di trasformare il brunch e il buffet. Intorno alla metà di settembre potremmo essere pronti per il servizio delivery del brunch, ma vogliamo farlo bene.
Sul tema delivery Planetaria Hotels ha lanciato l’iniziativa “Planet Taste Delivery with Love”, con l’obiettivo di aprirsi al territorio, a Milano ed hinterland
I piatti vengono consegnati a domicilio e gli chef affiancano i clienti via telefono con consigli sulla preparazione e sull’impiattamento. Se decolla, il progetto sarà esportato in altre città dove sono presenti le strutture di Planetaria Hotels.
Il rapporto con il territorio in cui operano le dimore è un punto fondamentale per il circuito Relais & Châteaux e l’emergenza Covid-19 ha visto intensificarsi il dialogo con le comunità locali, dando più sostegno ai piccoli produttori locali, mettendo in carta ancora più piatti a base di prodotti del territorio e con l’apertura dei servizi alla comunità locale.
Martino Acampora, general manager del J.K. Place Capri, annuncia: «Il nostro impegno per la stagione che inizierà il 18 giugno sarà quello di elevare ulteriormente i nostri standard per garantire un servizio completamente su misura.
Offriremo per esempio la possibilità di costruire menu di pranzo e cena completamente ad hoc insieme al nostro team, accompagnando gli ospiti interessati ad acquistare gli ingredienti freschi di giornata direttamente dai pescatori e venditori locali».
Gli alberghi del gruppo Belmond, specializzato nel luxury, ripartiti il 18 giugno e, come spiega Emanuele Manfroi, general manager di Belmond Villa San Michele e Belmond Castello di Casole in Toscana, «le strutture vantano ampi spazi all’aperto, che in questo momento aiutano ad accogliere gli ospiti.
L’idea è trasformare il servizio ristorativo – commenta - cercando di lavorare all’aperto e utilizzare i giardini. In ogni struttura abbiamo innovato l’offerta ristorativa».
Dal cestino da picnic all’allestimento esterno di tavoli particolarmente scenografici, fino al tavolino per pranzare a fianco del classico lettino da piscina, o all’angolo incantato del castello di Casole per aperitivi ai margini della foresta, il gruppo ha dato sfogo alla fantasia.
il Cipriani di Venezia, il ristorante stellato sta valutando l’idea di prenotazioni per un solo tavolo.
(fonte: il sole 24 ore)
Ristorazione a distanza
La ristorazione a distanza
vale a dire la consegna a domicilio dei cibi – è l’unica attività di fatto consentita ai pubblici esercizi (es. bar, trattorie, ristoranti, fast-food), a seguito del DPCM 11.3.20, c.d. decreto #RestiamoaCasa. È tuttavia necessario adeguare le procedure di autocontrollo, in considerazione di diversi aspetti:
– attività non previste nella quasi totalità dei piani di autocontrollo igienico-sanitario dei pubblici esercizi (confezionamento e consegna dei cibi),
– rischi di trasmissione del coronavirus tra gli addetti e tra questi e altri soggetti (fornitori, trasportatori, fattorini, clienti),
– esigenza di garantire la consegna di alimenti e stoviglie virus-free.
Le procedure GHP (Good Hygienic Practices) e HACCP
adottate da ciascun operatore – nell’ambito delle predette filiere come in altri settori, con le specificità del caso (es. GAP, GMP, sistemi di gestione qualità di matrice ISO) devono infatti venire adeguate rispetto al rischio microbiologico specifico (SARS-CoV-2. emerso con la pandemia Covid-19. In linea con le prescrizioni stabilite in General Food Law (reg. CE 178/02) e Pacchetto Igiene (reg. CE 852/04 e successivi).
Analisi del rischio e responsabilità integrata di filiera
L’attenzione va dedicata a ogni attività, con un approccio basato su:
– analisi del rischio, secondo la logica HACCP,
– responsabilità integrata di filiera.
Covid-19 ha un potenziale impatto sia sulla sicurezza di prodotti (per quanto attiene agli alimenti freschi e crudi, in particolare) e processi, sia sulla salute dei lavoratori e di tutti coloro che interagiscano con l’organizzazione (locali e persone). Vale a dire fornitori e operatori della logistica (deposito, trasporti), visitatori e clienti.
La responsabilità degli operatori
nella ristorazione, come in altri ambiti della filiera – si incardina sul rispetto delle buone prassi igieniche. Le quali devono tuttavia venire rafforzate, con apposito riguardo alle precauzioni igieniche e alle misure di contenimento adottate per affrontare l’emergenza COVID-19, secondo il Decalogo del ministero della Salute
Raccomandazioni igieniche anti-Covid
Le raccomandazioni igieniche per prevenire la trasmissione del coronavirus, si sottolinea, sono basate anzitutto su:
– distanze di sicurezza interpersonali, da rispettare sempre e comunque,
– frequente igienizzazione delle mani, con acqua o soluzioni/gel a base alcolica. (4) Evitare assolutamente di toccare occhi, naso e bocca se non subito dopo avere igienizzato le mani. Coprire sempre naso e bocca con fazzoletti monouso o con la piega del gomito quando si starnutisca o si tossisca,
– sanificazione frequente di superfici, strumenti e oggetti di lavoro, telefonini e altri dispositivi.
Chiunque deve evitare di uscire e recarsi a lavoro in caso di sintomi influenzali ovvero di contatto (o convivenza) con persone positive a COVID-19. #RestiamoaCasa, ogni qualvolta si possa prefigurare il rischio di diffondere il contagio (!).
Raccomandazioni specifiche sui luoghi di lavoro
Gli ambienti e strumenti di lavoro devono venire disinfettati, arieggiati e sanificati all’inizio e al termine di ogni turno. Dispositivi di Protezione Individuale (DPI, es. mascherine, guanti) e comportamenti prudenziali devono altresì venire adottati per prevenire il contatto fisico del virus con oggetti, cibi, superfici e altre persone.
La gestione del personale, deve seguire i criteri essenziali che seguono:
– formazione e sensibilizzazione al doveroso rispetto delle precauzioni igieniche, anche attraverso cartelli informativi sui luoghi di lavoro più frequentati,
– dotazione di idonei DPI, quali mascherine e guanti, tute/camici/grembiuli monouso, sovra-scarpe. (5) Con particolare attenzione laddove non risulti possibile garantire in via continuativa un’adeguata distanza tra gli addetti, che rimane indispensabile per ridurre al minimo gli eventuali contatti lungo la linea di produzione, (2)
– ridurre il numero di addetti contemporaneamente presenti nello stabilimento, modificando la turnazione ed evitando i contatti interpersonali ravvicinati in spogliatoi e locali di ristoro,
– incentivare l’uso di stoviglie e posateria monouso nelle mense, privilegiando porzioni pre-confezionate, (6)
– predisporre l’utilizzo della flotta aziendale in condizioni di sicurezza, per eventuali trasferte.
L’accesso ai locali deve venire al più possibile limitato e comunque contingentato. E dunque:
– evitare il più possibile l’ingresso di visitatori, fornitori, clienti, etc. O quantomeno
– stabilire fasce orarie per l’accesso di fornitori esterni. Condizioni, informazioni, modalità e tempi, percorsi (e bagni riservati) devono venire predefiniti in modo da ridurre al minimo le occasioni di contatto con il personale. Lavoratori, visitatori, appaltatori, trasportatori che non abbiano ottemperato alle misure di contenimento sono responsabili, anche in sede penale, dei loro comportamenti,
– limitare gli autisti dalla discesa dai mezzi. Ove ciò non sia possibile, provvedere loro disinfettanti per le mani e DPI (mascherine, guanti),
– trasmettere la documentazione di trasporto in via telematica.
Gestione degli alimenti
I gestori e i responsabili dell’autocontrollo devono seguire con particolare rigore le prassi igieniche di seguito esposte:
– cotto/crudo. Separazione costante degli alimenti cotti da quelli crudi (dalla conservazione alla preparazione, fino al confezionamento per la consegna),
– temperature di conservazione degli alimenti, da rispettare anche nelle fasi di stoccaggio e trasporto,
– utensili. Tenere sempre separati gli utensili impiegati per gli alimenti crudi, da disinfettare dopo l’uso, rispetto a quelli usati dopo la cottura.
NB: i coronavirus sono sensibili alle temperature elevate, essendo inattivati a 70° C. Il raggiungimento al cuore del prodotto assicura quindi la sicurezza alimentare rispetto al relativo rischio microbiologico.
Trasporto e food delivery
Il trasporto è una fase critica, in quanto può consentire lo sviluppo di microrganismi patogeni e/o alteranti che provengano da materie prime e/o contaminazioni crociate ambientali.
L’attività di consegna degli alimenti preparati dai ristoratori, c.d. food delivery, in particolare, è oggetto di apposite raccomandazioni:
– igienizzazione accurata delle superfici oltreché delle mani,
– separazione dei locali destinati al ritiro del cibo da quelli impiegati alla sua preparazione,
– utilizzo di appositi contenitori o sacchetti a perdere ove riporre il cibo destinato al consumo a domicilio con adesivi di chiusura, graffette o altro,
– impiego di zaini termici o contenitori per il trasporto.
Food delivery, etichettatura
Un modello di etichettatura adesiva – da apporre sulla confezione del piatto o su un’etichetta di riepilogo all’esterno della borsa e/o del polibox dedicato per il food delivery – è un’altra perla di saggezza offerta nelle Linee guida in esame. Con l’obiettivo di fornire al consumatore le informazioni essenziali:
– nome produttore e contatto telefonico,
– destinatario,
– elenco numero e tipo di prodotti, con richiamo alle temperature massime di conservazione nelle fasi di trasporto e stoccaggio. (9)
Gli allergeni presenti in ogni piatto, aggiungiamo, devono altresì venire precisati sulla base di quanto prescritto dal regolamento (UE) 1169/11.
Il cliente deve poi venire informato sulla necessità di ricevere l’addetto alle consegne indossando una mascherina protettiva (e guanti, se possibile), mantenendo una distanza di sicurezza non inferiore a un metro. Meglio ancora, senza aprire la porta, ritirare il pacco lasciato sul pianerottolo dopo che il fattorino si sia allontanato. A tal fine, si incoraggia il pagamento elettronico.
Precauzioni nei locali aperti al pubblico
Le misure di lockdown, si ricorda, non sono estese agli esercizi di somministrazione alimenti e bevande in aree di servizio situati a margine delle reti stradali e autostradali (es. Autogrill), nonché all’interno di stazioni (ferroviarie, aeroportuali, lacustri) e ospedali. Tali esercizi devono perciò a loro volta adottare apposite misure di prevenzione del contagio. In particolare:
– limitare il più possibile il numero di contatti interpersonali mediante limitazione degli accessi e rispetto delle distanze di sicurezza (anche fra commensali). Ciò comporta il doveroso distanziamento dei tavoli e la somministrazione dei pasti senza self service, prediligendo le monoporzioni,
– assicurare il rispetto delle misure igieniche, mettendo a disposizione della clientela soluzioni disinfettanti per le mani. Oltre a disinfettare con frequenza tavolini, sedie, banconi, maniglie e servizi igienici e altre superfici.
Privacy, dati personali e sensibili
Il datore di lavoro, prima dell’accesso al luogo di lavoro, può sottoporre il personale al controllo della temperatura corporea. E anche adottare il divieto di accesso a chiunque risulti avere una temperatura pari o superiore a 37,5° C. (7)
In presenza di febbre (>37.5° C) o altri sintomi influenzali, il lavoratore ha a sua volta l’obbligo di rimanere al proprio domicilio nonché chiamare il medico di famiglia e l’autorità sanitaria.
Il Garante per la protezione dei dati personali ha a tale proposito chiarito che:
– i datori di lavoro devono astenersi dal raccogliere a priori e in modo sistematico e generalizzato le notizie su eventuali sintomi influenzali del lavoratore e dei suoi contatti più stretti (o che comunque esulino dalla sfera lavorativa,
– i lavoratori hanno comunque dovere di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro.
#studiofavaroconsulenze